Cosa saresti disposto a fare per i soldi? Che cosa faresti se avessi a disposizione tanti soldi? Sono domande spesso presenti nei discorsi tra amici e parenti. C’è chi vede i soldi come qualcosa di sporco e chi invece li vede come unica strada per essere liberi. C’è chi dice che i soldi non fanno la felicità e chi invece afferma il contrario. Chi ha ragione?

Secondo uno studio condotto da due professori della Princeton University, Angus Deaton e Daniel Kahneman (Premio Nobel per l’economia nel 2002), il livello di benessere soggettivo cresce man mano che il conto in banca sale. È ciò che emerge dall’analisi dei risultati del sondaggio Well-Being Index svolto su 450.000 americani nel 2008-2009 dalla società di rilevazione Gallup Organization. In particolare, quando il reddito aumenta la percezione del proprio stile di vita cresce in modo costante; anche il benessere emotivo cresce con il reddito, ma solo fino alla soglia dei 75.000 dollari annui (circa 60.000 Euro), valore oltre il quale la crescita si arresta.

 Il filosofo scozzese Adam Smith, considerato fondatore dell’economia politica moderna, che evidenzia come “il figlio del povero (poor man’s son) lavora giorno e notte per acquisire talenti superiori ai suoi concorrenti” spinto dall’idea ingannevole (deception) che il ricco sia più felice o possieda “maggiori mezzi per la felicità”, ma, in realtà, essendo la capacità di godere dei beni fisiologicamente limitata, l’uomo ricco può consumare poco di più del povero, la cui minor quantità di beni è compensata dalle minori preoccupazioni e dalle migliori relazioni sociali rispetto al ricco che vive continuamente in ansia per i suoi beni, ed invecchia solo e deluso per non aver raggiunto la felicità e per di più invidiato dai suoi concittadini. Successivamente anche gli economisti Arthur Cecil Pigou (1920), John Kenneth Galbraith (1958) e gli psicologi Brickman e Campbell (1971) avevano messo in evidenza l’utilità limitata del reddito sul benessere della persona o, più in generale, sul benessere sociale. In seguito all’enunciazione di Easterlin si è sviluppata una vera e propria sezione dell’economia che, traendo spunto anche dalla precedente economia del benessere, ha dato un forte impulso agli studi sulla relazione tra economia e felicità.  Il paradosso di Easterlin ha messo in crisi l’impostazione mondiale dei mercati indirizzati alla crescita misurata sulla base del PNL / PIL ed ha portato economisti e psicologi ad interrogarsi più approfonditamente su che cosa intendono le persone per “felicità”, che cosa le rende “felici”? Se, infatti, raggiungere il benessere economico non garantisce una vita felice, il paradosso di Easterlin induce a riflettere su quali obiettivi, quale stile di vita è meglio perseguire e quali sono le prospettive di benessere sociale (welfare) per una società che intenda mettere la persona e i suoi bisogni al centro di ogni decisione pubblica. L’immagine della corsa sul tappeto è a mio avviso particolarmente calzante quando si parla di ricchezza.

Riassumendo, la ricerca del denaro rischia di farci correre su un tapis roulant dove siamo sempre fermi nello stesso punto.

Da un certo punto di vista, corriamo il rischio di inseguire il denaro senza un motivo ben preciso.

Esistono in particolare livelli di questo effetto, che sono:

  • Il tapis roulant edonico: quella sensazione per cui quando compriamo qualcosa di nuovo (una macchina, un cellulare, un paio di scarpe ecc…) abbiamo un improvviso aumento di felicità, ma che scompare dopo poco tempo. Questo ci porta ad inseguire tanti piaceri momentanei uno dietro l’altro, come una droga. Possiamo testare questo effetto in molteplici campi della vita, che potremmo riassumere in “Lo voglio tantissimo, fino a che non l’ho ottenuto”.
  • Il tapis roulant della soddisfazione: quella rincorsa continua a qualcosa di più e di più grande, una volta raggiunto un certo status. E’ un effetto per cui ci troviamo ad un certo punto assuefatti dal nostro stile di vita, e vogliamo sempre di più, solo per innalzare il nostro livello.
  • Il tapis roulant della posizione: ovvero quella ricerca costante di beni che ci “posizionino” un gradino sopra le altre persone che frequentiamo, per confrontarci con loro. In buona sostanza, la ricerca di una ricchezza relativa, e non assoluta. Vogliamo avere la macchina più bella del nostro collega, la casa più grande del nostro vicino, il cellulare più nuovo dei nostri amici.

Qual è dunque la soluzione a questa eterna insoddisfazione e infelicità?

Secondo Easterlin, la chiave sta nello spostarsi verso un altro tipo di “beni”, che non sono soggetti all’effetto tapis roulant: i beni relazionali.

Dedicarci eccessivamente alla ricerca spasmodica del denaro fine a sé stesso, fa sì che si trascuri il tempo per la famiglia, le relazioni, le amicizie, la salute, lo sport.

Nel mio romanzo Un’Insolita fortuna ho affrontato il tema dei soldi e degli effetti sulle persone. L’ho scritto per rispondere alla domanda che intitola questo post “I soldi fanno la felicità?” Il mio non è un giudizio ma quello che ho immaginato potrebbe accadere a una famiglia come la mia. È interessante vedere come si modificano le dinamiche familiari, parentali e amicali. Quando i soldi arrivano, nel bene e nel male, nessuno rimane quello di prima.

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