Ciò che colpisce della bibliografia di Carlo Colasanti è l’assidua continuità con cui un professionista del libero mercato coltiva la passione per l’ingegneristica costruzione del romanzo. Se il nucleo e l’intrigo di Il dittattoreUn’insolita fortuna e Il quaderno nascosto nascono in un contesto medio-alto borghese, quanto conta allora l’esperienza dell’autore nel campo delle risorse umane?

Molti dei personaggi di Colasanti lavorano all’interno di agenzie assicurative, aziende di largo fatturato, industrie siderurgiche e tramano proprio all’interno del loro contesto professionale. Va osservato che la gestione del personale è un concetto molto complesso e ampio e che riguarda attività come motivazione, impegno e partecipazione dei lavoratori alle attività produttive. In un certo senso, l’impaginazione narrativa del nostro romanziere appare quale strumento necessario per conseguire e decifrare la best fit di un’azienda complessa e fondata sull’alternarsi dei sentimenti e delle passioni. Mi spiego meglio! Da Il dittattore in poi, da Augusto Stresa fino a Walter Persichetti, tutti i personaggi di Colasanti soffrono, commettono crimini terribili e, a guardare Il quaderno nascosto, non sono certo animati dal desiderio di conseguire l’equilibrio teorizzato dall’economista Vilfredo Pareto. Spesso la ricerca del miglior interesse condiviso entra in frizione con i più riposti desideri dell’uomo al punto tale che le scelte degli individui appaiono repentinamente dettate dalla carnalità. Indicative sono le vittime assurte all’imponenza eroica di Antigone: pensiamo a Massimo Lucci – rischia la vita ben due volte pur di affermare un suo frainteso ruolo di padre – e ad Adele Torres. Di contro, troviamo figure deprecabili e crudeli come Alessio Maria Barchetta, l’efficiente faccendiere de Il quaderno nascosto. Molti sono i truffatori, i consiglieri fraudolenti, i delatori sorti dalla penombra di un mondo che, dalla Roma degli estorsori alla Toscana delle Reali Assicurazioni, non esita a usare gli altri come pedine di un gioco al massacro. Eppure non ci sono né vinti né vincitori. Anzi, nei romanzi di Colasanti scopriamo solo poveri individui che sanno riciclarsi di fronte ai rovesci della vita. In termini economicistici, esiste una sorta di teoria del capitale affettivo che soggiace alle dinamiche narrative di Il dittattoreUn’insolita fortuna e Il quaderno nascosto: l’incremento di questa forza è stimato sull’indice dell’accountability, il senso della responsabilità reciproca che, per Colasanti, si manifesta come «una guerra». Ed è tristemente, paradossalmente vero che queste considerazioni spettino a Mario Tiglio, futuro uxoricida ed eroe di Nassirya, e a Marco Siniscalchi, il vincitore della lotteria che, sognando il funerale del padre, si sente, in un eccesso di solipsismo, più disperato di quanto effettivamente la realtà dell’avvenimento gli potrà mostrare. Tuttavia solo ne Il quaderno nascosto il pessimismo di Colasanti trasborda verso un lido felice, offrendo una via di fuga dall’algido ritratto della società middle-upper class che ci consegna. L’unico vero imprenditore del suo ‘capitale etico’, il solo eroe che costruisce la sua corretta morale è Arturo. Forte dei propri sentimenti, a dispetto della misera condizione in cui cade, egli elegge a madre la «gattara» Pina che, al pari della protagonista del flaubertiano Un cuore semplice, ha un’unica certezza: l’etica individuale non si baratta per sopravvivere nella dimora degli uomini dabbene, nell’arido mondo degli istinti contraffatti dalle buone maniere, dalle perfide e verbose metamorfosi dell’egoismo crudele.

Massimiliano Pecora
Conduttore della rubrica culturale Dicci prof.! trasmessa su Radio Top100 RTV (FM 96.6; pagina facebook top100rtv)

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